Ritratto di Ersilia Vaudo Scarpetta, 2021, Triennale Milano - Gianluca Di Ioia

Il fascino degli Unknown Unknows raccontato dalla curatrice della 23ª Esposizione Internazionale

Tra le immagini che ispirano il tema della 23ª Esposizione Internazionale di Triennale Milano c’è la foto di un’alba vista dalla Stazione Spaziale Internazionale. La terra appare come una sottile linea concava, blu scuro con un centro luminoso — il sole — che taglia in due uno sfondo buio. 
Da un lato questa foto ci colpisce per la sua bellezza, il sorgere del sole, familiare eppure nuovo per l’inusuale prospettiva, dall’altro la semplicità simbolica di quel taglio di luce rappresenta un margine tracciato tra il piccolo mondo che occupiamo, e la vastità del resto. 
Che si tratti della materia oscura, del fondo degli oceani o della nostra coscienza, ciò che oggi conosciamo è solo una frazione del tutto, un minuscolo 5%. Emerge quindi, per opposizione, la consapevolezza di ciò che non sappiamo, di ciò che non sappiamo di non sapere, un simbolico 95% immenso e schiacciante.
Confrontarsi con gli Unknown Unknowns, significa uscire dalla comfort zone — della nostra esperienza individuale e collettiva — per trasformarci attraverso il cambiamento di prospettiva. 
Sappiamo posarci su comete lontane, creiamo materia da pura energia, controlliamo robot con il pensiero eppure, non ci siamo mai sentiti così fragili. Ci troviamo, oggi, a vivere per la prima volta un’esperienza mondiale, collettiva e simultanea, della nostra inesorabile vulnerabilità, con la crescente consapevolezza che solo un sottile strato blu ci separa da un vuoto soffocante. L’esperienza della pandemia, ha riaperto il nostro rapporto con l’ignoto che torna ad essere tutto — un totale 100%. Abbiamo dovuto ricominciare a interrogarci, a cercare, a imparare. Quello che poteva sembrarci impossibile, allargando un punto di vista, può diventare reale, anche se ci prescinde e sfugge ai nostri sensi. E questa è una grande opportunità. Unknown Unknowns ci invita a intraprendere un'esplorazione, non alla ricerca di risposte ma lasciandoci andare alla seduzione dell'indagine e dell'immaginazione.   

L'alba vista dalla ISS, foto di Thomas Pesquet (astronauta), fonte ESA/NASA

Dal film 2001: A Space Odyssey, Stanley Kubrick / MGM

Foto di Jeremy Thomas, fonte Unsplash

L'ignoto non è il difetto di una specifica epoca, cultura o civiltà. È una caratteristica strutturale, inerente alla natura stessa dell'universo e alle forze che lo modellano. Nascosta nella perfezione delle forme sferiche — i corpi celesti che brillano, galleggiano e si trasformano nel nulla — c’è l’opera instancabile della forza di gravità. Fuori dal mondo Newtoniano di cui abbiamo esperienza, la gravità diventa una geometria, un forma che emerge dalla curvatura dello spaziotempo. Una linea su cui scivolare, senza sforzo. La gravità è un modellatore, un vincolo e una variabile: è il primo e il più grande dei designer.
Viviamo sul nostro pianeta inconsapevolmente connessi con la gravità, il grande architetto cosmico, che disegna instancabilmente il nostro habitat e allo stesso modo conviviamo con l’ignoto, lo abbracciamo, abitandolo.
Unknown Unknowns ci invita a prendere parte a un'esperienza profonda che offra la possibilità di ribaltare la nostra idea del mondo, non più in antagonismo con ciò che non conosciamo, ma come una dimensione da abitare consapevolmente, anche con leggerezza. 

Foto di NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration), fonte Unsplash
Foto di NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration), fonte Unsplash
Foto di USGS (United States Geological Survey), fonte Unsplash
Foto di USGS (United States Geological Survey), fonte Unsplash
Foto di Jake Nackos, fonte Unsplash
Foto di Jake Nackos, fonte Unsplash

Sfumando i confini, Unknown Unknowns indagherà come l'interazione tra realtà e finzione possa portare a soluzioni e risposte, guardando alla nozione di strumento in senso ampio e andando oltre la semplice meccanica o tecnica. Strumenti di speculazione, prototipi, sperimentazioni scientifiche e artistiche saranno messi in relazione per enfatizzare la capacità della specie umana di immaginare ciò che non c'è e di affrontarlo.
La 23ª Esposizione Internazionale si configura come un’esplorazione dello sconosciuto che ci circonda alla ricerca di una relazione che non sia di appropriazione ma di condivisione. Proprio per questo motivo abbiamo attivato un lungo dibattito con una rete di intellettuali, ricercatori e docenti. Grazie alla collaborazione e al costante dialogo con Stefano Boeri, Francis Kéré e con l’advisory board formato da Hervé Chandès, Emanuele Coccia, Joseph Grima, Sarah Ichioka, Weng Ling e Mariana Siracusa, questa esposizione presenta una dimensione fortemente corale arricchita da quattro progetti speciali che stiamo sviluppando con Giovanni Agosti, Francesco Bianconi, Ingrid Paoletti e Romeo Castellucci.
L’obiettivo è di  avvicinarsi agli Unknown Unknowns con un senso di meraviglia e stupore attivando contaminazioni interdisciplinari per immaginare futuri diversi e creare nuovi modi per abitarli.

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