Virgilio Sieni, Paradiso, © Lorenza Daverio

Ho detto "Eccomi" alla danza. Quasi una confessione

14 aprile 2023

Per tutto questo conoscere e amare
eccomi. Per tutto penetrare e accogliere
eccomi. Per ondeggiare col tutto
e forse cadere eccomi

Mariangela Gualtieri, Naturale sconosciuto

1. Prologo

Luglio 2014, un tramonto tenace sopra l'Arsenale di Venezia. Nel Teatro alle Tese Virgilio Sieni porta il suo Vangelo secondo Matteo. Ballerini professionisti e persone comuni mettono in scena diversi quadri ispirati al racconto dell'evangelista. Ci sono corpi e voci corali; ci sono i portatori della Croce; c'è il ballo a due su Pietà e Deposizione; c'è il battesimo diffuso intorno a uno spazio circolare. E poi, soprattutto, ci sono le Beatitudini, con le raccoglitrici di pomodori sedute, come se stessero realmente in un altro tempo. Dentro quei quadrati bianchi disegnati sul pavimento, ciascuno per delimitare un'azione performativa, per la prima volta incontro l'esperienza di qualcosa che va oltre le discipline artistiche che conosco, qualcosa che mi dice, e mi dà, di più. Conosco una forma di presenza di livello più alto, ed è abbacinante. E per la prima volta dico, come Mariangela Gualtieri, "Eccomi" alla danza contemporanea, e penso, in quella luce che svanisce, di essere pronto anche io a "ondeggiare col tutto".

2. Rapporti di minoranza

“Gentili persone, vi prego, entrate nel teatro solo se siete straboccanti d’amore, altrimenti, per piacere, rimanete fuori”. Inizia così la lettera che l’artista e danzatore Marco D’Agostin riceve e legge in un tardo pomeriggio di luglio 2021 segnato dalla messa in scena del suo Best Regards e da una veloce burrasca veneziana. Il vento poco prima aveva fatto sbattere le porte del teatro e abbattuto un paio di riflettori. Qualcosa, fuori, nel mondo, stava accadendo; dentro però tutto era concentrato sulla scena, sul racconto, sulla presenza. Poi quella lettera, che arriva puntuale,  prevista dal copione dello spettacolo, ovviamente, ma che ogni volta è diversa e che mi mette di fronte alla responsabilità di certe parole, al modo in cui si pensa e si scrive e di conseguenza, penso io, al modo in cui si dovrebbe vivere. Gentili persone, vi prego. La lettera l'ha scritta Chiara Bersani, artista, scrittrice e ballerina capace di dare una nuova pienezza alla parola "corpo", oltre che in grado di occupare la scena del palco con un'intensità particolare e sua. Fragilità e amore, abbandono e bellezza: in Chiara tutto si interseca e si rinnova. Il suo Gentle Unicorn si muove lento, alla ricerca dei margini del palco, che sono anche i margini della vita, intesa come complesso e struttura.

Marta Ciappina, Gli anni

Ho pensato che lei potesse essere una sorta di "rapporto di minoranza", per dirla con Philip Dick, in relazione al mainstream (anche quello culturale) e alle interpretazioni dominanti. Quando ci siamo incontrati nell'ottobre 2020, ancora in mezzo al tempo pandemico, dopo il suo spettacolo mi ha detto: “Mi sembrava che fossimo un po' tutti tristi uguali, un po' tutti spaventati uguali, un po' in questa radura c'era come una nebbiolina ed era un po' di tutti quanti”. Eravamo entrati in un territorio ibrido, dove l’unicorno esiste oltre ogni altra forma di narrazione. Lo stesso territorio in cui si muove anche D'Agostin, per esempio con Gli anni, spettacolo nel quale Marta Ciappina, ballerina straordinaria, mette in scena un dramma personale, un crimine privato,  che in qualche modo viene lasciato andare, con tragica delicatezza, con il passo di una filastrocca. 

3. Sognate ancora

Bastano pochi minuti per rendermene conto: lo spazio in cui sono entrato come spettatore circospetto di una performance di danza contemporanea non è semplicemente uno spazio occupato da corpi e musica, è una dimensione, una possibilità alternativa, un racconto dolcemente distopico. È anche un mistero avvolgente, una contemplazione (quasi) senza oggetto, che a tratti sembra essere l'atto stesso del contemplare, in sé. Seduto accanto a una parete, lo vedo subito, appena apro la porta del Salone d'onore di Triennale, c'è Alessandro Sciarroni, uno degli artisti più significativi della scena contemporanea, e non solo nel campo della danza. La performance è Dream, opera in divenire di 5 ore che racconta in un certo senso la storia di tutte le storie. Ogni momento è composito e sfaccettato; tutto si articola con una sintassi che sembra appartenere a un diverso spaziotempo, come se fosse la spiegazione danzata di un'equazione scientifica complessa. Che Sciarroni e i suoi sei performer – Marta Ciappina, Matteo Ramponi, Elena Giannotti, Valerio Sirna, Edoardo Mozzanega e Pere Jou –​​ riscrivono partendo dai fattori minimi, il gesto base, la radice del corpo in movimento (attraverso il tempo).

Virgilio Sieni, Paradiso

Senza perdere la complessità, ma addolcendola nell'atmosfera sospesa propria del sogno. Ci sono gioie e ferite, ci sono luci che si alzano e si abbassano, il pianoforte a volte tace a volte suona Glenn Gould. Il mondo è finito, sussurra qualcuno, quello che vediamo è un Dopo, un Senza, una Futura Perdita. Che però si ricompone nella coralità fatta dalla somma implicita di tutti i movimenti, di tutti i passi che hanno portato i performer qui, ora. Tutto è stato perduto, e in questa perdita ci si adagia, la si culla e cullandola la si nega. Sensazioni che mi rimandano a Paradiso, ancora di Sieni, spettacolo che coglie la forza artistica di ogni gesto quando cerca di liberarsi dalla prensilità insita nella natura del predatore e ristabilisce una contemplazione e una ricerca di simbiosi con la natura.

Motus, Tutto brucia

4. Collettività

Che cosa succede sulla spiaggia di Troia dopo la distruzione della città e la partenza degli Achei? C'è un urlo, di alcune donne e della Storia intera, sullo sfondo delle mura in fiamme, destinate a bruciare per sempre. Ogni cosa è perduta, niente è illuminato. Le voci sono quelle delle Troiane di Euripide, riviste dai Motus nei corpi di Silvia Calderoni e Stefania Tansini. È l'estate 2022 a Santarcangelo di Romagna e lo spettacolo è Tutto brucia. Come i personaggi, anche la messa in scena è un ibrido, sospeso tra danza, teatro e performance musicale. Ma c’è una urgenza collettiva, la stessa che ho percepito qualche settimana prima a Londra, quando Marinella Senatore ha coinvolto migliaia di persone e centinaia di performer ad attraversare la città con i cortei eterogenei di Afterglow. Una sorta di enorme rituale pubblico che trasforma l'urlo di Cassandra ed Ecuba in una catarsi festosa, sovraccarica e irrefrenabile. Tutti danzano come se fosse ancora possibile. E così, probabilmente, lo diventa.

Marinella Senatore, Afterglow

5. Epilogo, Body Art di Don DeLillo

La body artist Lauren Hartke ha perso il compagno, ma è ora di ricominciare a fare ginnastica, esercizi di respirazione, decide di ritornare al suo corpo. Lauren si muove sul pavimento a quattro zampe, sente l’aorta pulsare. A testa in giù, con la lingua di fuori, tirando ogni muscolo e ogni tendine, cercando i suoi limiti, ancora una volta. “Ma dentro di lei il mondo era svanito”.

Leonard Cohen, Confrontiamo allora i nostri miti

E che la notte sia gentile con lei le alte stelle preservino il candore della sua carne scoperta 

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