Los Protagonistas
El Conde de Torrefiel
PRIMA ITALIANA
Ci sono parole che nessuno ammette di non capire: è un vizio da adulti. È importante tornare indietro, ridirle da capo, avere pazienza e aspettare. Perché da oggi ci sono “i protagonisti”, grazie all’installazione del progetto El Conde de Torrefiel (Tanya Beyeler e Pablo Gisbert) che ha proprio questo titolo. E io vorrei cercare di capire chi sono davvero questi protagonisti. Una risposta è facile, i bambini: l’installazione Los Protagonistas, portata da Triennale a BASE Milano dal 16 al 18 febbraio per FOG 2023 è dedicata a quelli tra i sette e i dieci anni a cui si propone di essere guidati alla (ri)scoperta della loro immaginazione da una voce narrante. Come in un sogno, bambine e bambini attraversano varchi oscuri e fasci luminosi, forme colorate e quadri che ballano, braccia e mani che sporgono da fessure… Non è facile definirli, ma forse la parola giusta è prototipi: esempi di quello che si può vedere attraverso la nostra mente.
Protagonisti di un’istallazione per l’infanzia
La risposta semplice però non soddisfa, perché anche gli adulti sono benvenuti come accompagnatori, e allora i protagonisti, o meglio il protagonista deve essere altro, una cosa che accomuna gli umani di tutti i tipi. Un “io”, forse: tutti viviamo il mondo a partire dal nostro “centro”, colleghiamo le immagini, i suoni, i sapori e tutto al nostro sentire; diamo senso a quello che ci viene incontro. Protagonista è il nostro corpo che sente, il centro che si commuove. Concentrarsi su questa nostra capacità di commuoversi però non è semplice: gli impegni e l’abitudine ci distraggono, la paura ci rende freddi. C’è bisogno di una casa, un rifugio dove il nostro centro possa aprirsi all’immaginazione senza riserve.
© Rebecca Praga
Una casa per l’immaginazione
L’idea di trovare un posto dove rintanarci per capire come sentiamo non è nuova, anzi: vale la pena di ripercorrerne un po’ le costellazioni. Fu Wagner il primo a preoccuparsi di predisporre lo spazio del teatro perché i suoi drammi musicali fossero visti e sentiti “davvero”: la sua “opera d’arte totale” (così la chiamava) doveva riunire musica, danza, parola, poesia e mito. Ma serviva che il pubblico fosse pronto a recepire il grande evento della sua rappresentazione. Nel teatro fatto costruire a Beyruth, il Festspielhaus, aveva allora imposto il buio in sala, la non visibilità dell’orchestra e il silenzio assoluto – una rivoluzione, considerando che nell’Ottocento il teatro era innanzitutto il luogo più importante della socialità borghese, dove divertirsi, stringere patti, conversare ad alta voce.
Il gesto di erigere delle mura più o meno visibili tra il luogo dell’arte e il mondo esterno è un’esigenza anche alla base del concetto di museo e di quello di galleria. Finito il tempo delle corti e delle chiese, che avevano assicurato sia la committenza che la collocazione degli oggetti d’arte, questi nacquero come nuovi spazi da dedicargli, più neutri e meno concentrati su finalità extra-artistiche. Se il museo vuole soprattutto raccontare una storia illustre o presentare dei fatti il più rigorosamente possibile, la galleria assomiglia più a una seconda casa degli artisti; il loro spazio mentale che diventa fisico, e in cui le opere si mostrano in modo informale, dando del tu.
Vista d’interni del Festpielhaus in cui si vede il golfo mistico, l’insenatura in cui l’orchestra si annida e diventa invisibile
La realtà e la sua aura
Los Protagonistas è simile ma i protagonisti sono diversi. Se al Festspielhaus, nei musei e nelle gallerie si cerca di creare una condizione per cui chi osserva si dimentica di sé e diventa tutt’uno con l’arte, in questo fanta-mondo l’incanto è un mezzo, qualcosa per imparare a riconoscere l’immaginazione anche quando è solo interpretazione, una specie di aura che circonda la realtà. È chi percepisce, in poche parole, che deve essere notato: il centro deve scoprirsi. Ma come?
A volte per cambiare prospettiva è sufficiente scegliere dei nomi diversi, reinventare un racconto. Ecco perché è così importante la voce narrante che accompagna i piccoli visitatori nell’esperienza, quando parafrasando dice che tutto si svolge in un angolo scuro e tranquillo della mente. Non è sempre così? La mente (il centro) è più persistente di un’ombra. I piccoli protagonisti sono chiamati a salire e scendere scale, attraversare cunicoli, inginocchiarsi, ma è solo un trucco, un espediente: quanti altri cunicoli, scale, luci anonime attraverseranno? Il punto è rendersi conto, essere presenti alla loro unica identità di oggetti che non possiamo cancellare, che ci dicono continuamente qualcosa e stanno appesi lì, nel groviglio virtuale della coscienza.
© Rebecca Praga
Reale o immaginario. Reale: immaginario
In alcuni casi, l’opera totale e chiusa in sé può funzionare come una trappola per topi, qualcosa che ci seduce e da cui è difficile restare a distanza. Al di là del caso Wagner, sono i parchi a tema Disney che incarnano questa tendenza secondo uno strano e simpatico saggio di Matthew Wilson Smith (The Total Work of Art. Form Beyruth to Cyberspace). Separati dal mondo tramite mura o recinzioni, rassicuranti e aproblematici, questi paesi dei balocchi sembrano volerci impedire di crescere, rinchiuderci in una bolla di sapone. L’installazione di Tanya Beyeler e Pablo Gisbert, al contrario, non vuole solo lasciarci sguazzare nella melassa, nelle allucinazioni: vuole insegnarci a riconoscerne la genesi e la natura, e farcene appropriare.
© Rebecca Praga
D’altro canto, non sarebbe neanche corretto ridurre i 45 minuti che si passano all’interno di Los Protagonistas a un esercizio di percezione, un percorso d’addestramento pedante e pedagogico. Certo: l’immaginazione pesca dalla realtà e dalle sue forme, ruba continuamente alle impressioni; nelle sue ricombinazioni però compie una lavorazione industriale, restituendo con il prodotto finito il dominio di sé al soggetto-centro, per una volta capace di proiettarsi in esperienze più sue, meno dure e oppositive di quelle che si possono incontrare “là fuori”.
Protagonisti della propria coscienza
Si tratta di un equilibrio rischioso: da una parte il sentire e dall’altra l’immaginazione. A noi non interessa descrivere ma fare esperienza: Los Protagonistas è infatti un’installazione performativa, e la performance è fatta di azioni nello spazio. E magari grandi e piccoli potrebbero addirittura riconoscersi simili: centri da cui l’esperienza si irradia in una festa continua, molteplice e unita.