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© Andrea Macchia

Come arrivare preparati a uno spettacolo di Motus

24 febbraio 2023

In occasione dello spettacolo Of the Nightingale I Envy the Fate di Motus, presentato nell'ambito del festival di performing arts FOG, Federica Scaglione ripercorre la rappresentazione del mito di Cassandra nelle opere della compagnia teatrale.

Milano, dicembre 1999: a ricevere il Premio Ubu Speciale – il riconoscimento più importante per il teatro in Italia – è la compagnia Motus, fondata otto anni prima da Enrico Casagrande e Daniela Nicolò, distintasi “per la coerenza testarda e creativa di una ricerca visionaria nel ridisegnare spazi e filtrare miti”.

Interessati alle possibilità offerte dalla tecnologia e dal digitale, Casagrande e Nicolò sperimentano soluzioni visive e sonore inedite. Attraverso creazioni itineranti e installazioni polimorfe si confrontano con luoghi di ogni tipo (dagli spazi occupati autogestiti ai festival più noti) lasciandosi guidare da ispirazioni diversificate. Accanto ai ricorrenti riferimenti letterari e cinematografici – nella loro opera proliferano Samuel Beckett, Jean Genet, Pier Paolo Pasolini e Rainer W. Fassbinder – emergono alcune figure archetipiche dell’immaginario occidentale, come l’Orlando di Ariosto e l’Antigone di Sofocle. 

Enrico Casagrande e Daniela Nicolò, © Matteo Rinaldini

Con la consapevolezza che l’essere umano è un “animale politico”, Motus indaga instancabilmente le faglie del quotidiano: dal desiderio di ribellione generazionale alla banalità quotidiana del male, dall’intolleranza al desiderio di insurrezione, dall’urgenza di abbattere i confini di ogni tipo alla libertà identitaria e di genere.

In più di trent’anni di attività la compagnia ha percorso itinerari multiformi, intrecciando relazioni con artisti e istituzioni in tutto il mondo, e dando forma a creazioni (e creature) diversissime tra loro, come le facce della realtà che indaga. In questa eterogeneità delle soluzioni, resta però una costante: il non fermarsi, in un posto, in una forma, in una narrazione. Ed è così che le opere di Motus si rivelano estremamente generative: molti spettacoli danno vita a “derive performative” o a installazioni, spesso dialogano tra loro e assumono nuove forme in video e pubblicazioni. Da un tema, una figura, un oggetto d’interesse si sviluppa un processo creativo articolato che sfocia, quasi sempre, in più manifestazioni artistiche: così Motus predica e pratica il superamento dei confini tra i generi e non solo. 

© Andrea Macchia

Nel 2020 Casagrande e Nicolò hanno assunto la direzione artistica della cinquantesima edizione del Santarcangelo Festival. Esattamente dieci anni prima Casagrande, in rappresentanza della compagnia, aveva co-diretto il festival assieme a Chiara Guidi (Socìetas Raffaello Sanzio) e a  Ermanna Montanari (Teatro delle Albe), ma in occasione di Santarcangelo Festival 2050 – Futuro Fantastico Motus ha realizzato una serie di eventi speciali. L’ultimo atto della cinquantesima edizione – intitolato Festival mutaforme di meduse, cyborg e specie compagne – ha coinciso paradossalmente con una sorta di ritorno alle origini per la compagnia. Dopo anni di rimandi espliciti all’attualità – dalla libertà di genere in MDLSX (2015) alla riflessione sulle frontiere in Panorama (2018) – e dopo una fruttuosa e consolidata alleanza con l’immagine digitale, Motus porta in scena, senza mai ricorrere al video, una vicenda di tremila anni fa. 

© Vladimir Bertozzi

Inizia, infatti, nel 2020 il lavoro sulla tragedia euripidea Troiane che ha portato anzitutto alla creazione di Tutto brucia (2021) e gettato le basi per la realizzazione di due performance, realizzate nel 2022: You Were Nothing but Wind e Of the Nightingale I Envy the Fate, in scena in Triennale Milano per FOG 2023 dal 28 febbraio al 1 marzo. Queste tre opere non condividono solo il nucleo tematico – il destino delle donne di Troia tragicamente sopravvissute alla sconfitta e quindi destinate a infiniti soprusi, in quanto parte del bottino di guerra – ma anche le interpreti: Silvia Calderoni e Stefania Tansini. 

© Vladimir Bertozzi

Se in Tutto brucia – lavoro ideato durante la pandemia e che oggi risuona ancor più forte a causa della guerra in Ucraina – la riflessione era incentrata sulla molteplicità di forme che la perdita e il lutto possono assumere, il dittico performativo si focalizza su due donne troiane: Ecuba (Silvia Calderoni in You Were Nothing but Wind) e Cassandra (Stefania Tansini in Of the Nightingale I Envy the Fate). 

“La fine del mondo non è che la fine di un mondo” viene da pensare al termine di Tutto brucia, osservando le troiane che reagiscono alla distruzione reinventando ciò che resta di loro stesse. E, effettivamente, i due lavori mettono in pratica proprio questa possibilità di trasformazione: un’insurrezione rispetto a una forma e un destino imposti. 

La figura di Cassandra, su cui Motus aveva già lavorato nel 1993 con lo spettacolo Cassandra. Interrogazioni sulla necessità dello sguardo (ispirato a Cassandra di Christa Wolf), è significativa. Figlia del re di Troia, è condannata dallo stesso dio di cui è sacerdotessa (Apollo) a non essere mai creduta, pur potendo prevedere il futuro. “Non fare la Cassandra” si dice con biasimo a una persona che, nell’immaginario comune, è associata all’idea di impotenza, solitudine, frustrazione.

© Andrea Macchia

In Of the Nightingale I Envy the Fate, però, Cassandra – attraverso la mostruosa e straordinaria metamorfosi a cui Tansini dà vita – si rivela una creatura capace di immaginarsi altrove, di guardare oltre la propria prevedibile fine, sa che sarà uccisa da Clitemnestra, moglie di Agamennone che l’ha trascinata con sé dopo la caduta di Troia. Cassandra fatica a esprimersi attraverso parole che non saranno credute e quindi le abbandona, si dedica al canto diventando usignolo. La scelta dell’animale non è casuale: nella tragedia di Eschilo Agamennone il lamento di Cassandra è paragonato a quello dell’usignolo al quale la donna invidia la musicalità. La risposta di Cassandra non è banale perché dietro all’immagine dell’usignolo si cela un mito di efferata violenza. Secondo la tradizione greca, infatti, il re Tereo violentò Filomena, sorella di sua moglie Procne, e poi le tagliò la lingua per costringerla al silenzio. Filomena, però, riuscì comunque a confidarsi con Procne e a vendicarsi assieme alla sorella uccidendo il figlio di Tereo e Procne, per darlo in pasto al padre e poi svelare l’inganno. Di fronte all’ira del re, Zeus intervenne trasformando Filomena in rondine, Procne in usignolo e Tereo in upupa. 

Quando avviciniamo gli spettacoli di Motus, teniamo presente l'importanza di questo bagaglio mitologico che racconta di una violenza elaborata attraverso la metamorfosi: Cassandra mostra lucida consapevolezza nell’invidiare l’usignolo. Le possibilità di trasformazione sono, infatti, molteplici, anche quando “non era previsto che noi sopravvivessimo”, come ricorda Litania per la sopravvivenza di Audre Lorde, che in Of the Nightingale I Envy the Fate fa eco all’usignolo Cassandra.

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