Annamaria Ajmone, foto di Gianluca di Ioia

Incontri scontri

13 marzo 2020

Per Triennale Decameron la coreografa e danzatrice Annamaria Ajmone presenta un intervento performativo, parte di un progetto più ampio, intitolato Arcipelago. Arcipelago raccoglie dei “soggiorni temporanei”, ogni azione trasforma lo spazio in “luogo” privato ma condiviso. Abbiamo fatto qualche domanda ad Annamaria Ajmone per approfondire la nuova azione che ha creato in dialogo con le geometrie degli spazi di Triennale.

Cosa vuol dire per te rappresentare un paesaggio?
Non parlerei di rappresentazione, ma piuttosto di creazione di ambienti. Il verbo rappresentare mi suggerisce qualcosa di bidimensionale e passivo, mentre penso alla danza come un’esperienza immersiva che il pubblico fa insieme al performer. L’esperienza ha a che fare con la percezione, con la temperatura, l’odore, la vibrazione, l'imprevisto. Il performer e il pubblico condividono uno spazio, un tempo e una responsabilità.

Annamaria Ajmone, foto di Gianluca di Ioia

Come avviene la creazione delle tue coreografie site specific?
La metodologia cambia a seconda del soggetto/oggetto che vado ad incontrare, aperto/chiuso, abitato/non abitato. Mi piace immaginare queste ricerche come passaggi, incontri, scontri. Faccio delle scelte, e queste vengono suggerite dallo spazio, dagli elementi che decido di mettere in campo, dal mio sguardo e da quello, in un secondo momento, del pubblico. Il corpo, sia il mio sia quello del pubblico (sono fermi? si muovono? dove e come? quale è il loro punto di vista, cambia?), e le fonti sonore, sia naturali che musicali, si organizzano tra di loro, e determinano la performance, il tempo di permanenza crea altre possibilità e forme. È un patto tra il/la performer, la spettatrice e lo spettatore; per un tempo determinato, trasformiamo uno spazio in un luogo unico e altro. Nel caso dell’intervento per Triennale Decameron, gli elementi erano: la danza, l’architettura, il cinema. Una volta scelta la location, abbiamo deciso l’inquadratura, quindi avevo il punto di vista, sapevo che era un piano sequenza, che non ci sarebbero stati movimenti di camera, e che il formato sarebbe stato verticale. Abbiamo scelto di non usare musica, ma abbiamo mantenuto l’audio in presa diretta. In base a tutti questi elementi ho costruito la danza. La danza crea uno spostamento di volumi rispetto l’assetto dato. Riguardando il video, appena finita la diretta, ho sentito oltre al mio respiro e ai miei versi, che a causa del rimbombo si sentivano fortissimi, anche i respiri e i movimenti dell’operatore. Questo per esempio è un imprevisto incredibile, ho amato queste presenze. Gli spazi non sono mai vuoti, c’è un’eredità, sempre.

Annamaria Ajmone, foto di Gianluca di Ioia

Da dove prendi spunto per i tuoi lavori? Ad esempio, l'ultima produzione dal titolo NO RAMA parla di "un luogo geograficamente vicino al nostro, non lontano e non impossibile, ma con continue incursioni dell’altrove-futuro, presente e sotterraneo..."
In ogni lavoro è già iscritto quello dopo, c'è sempre qualcosa che metti da parte e che poi ritorna, a volte anche in forma di rifiuto. Il resto sono coincidenze, incontri, inciampi, sogni. NO RAMA è una ricerca in cui sono confluite diverse sensibilità e visioni, oltre alle mie quelle di: Marta Capaccioli, Lucrezia Palandri, Francesco Cavaliere, Jules Goldsmith e Giulia Pastore. Essenziale, inoltre, il dialogo con la compagnia Industria Indipendente, con cui seguo un progetto infinito A t t i k a e con cui stiamo preparando Klub Taiga (debutto a luglio 2020, alla Biennale di Venezia, sezione Teatro, se sarà possibile), che viaggia nelle stesse crepe e allucinazioni. NO RAMA è una riflessione immaginifica sul futuro del nostro pianeta. Dentro si mescolano molti romanzi di speculative fiction, fantascienza, teorie scientifiche, ecologia politica, saggi etnografici, molti articoli e visioni. NO RAMA parla di alleanze, di biodiversità, di multi specie, alieni e parole nuove. Guarda non solo all’umano, ma all’extraumano, al naturale e all’antinaturale, consapevoli della responsabilità che tutti abbiamo di creare nuovi spazi di immaginazione, di rivolta e di resistenza.

Annamaria Ajmone, foto di Gianluca di Ioia

Annamaria Ajmone è una danzatrice e coreografa. Al centro della sua ricerca c’è il corpo, inteso come materia plasmabile e mutevole capace di trasformare spazi in luoghi creando parallelismi e sovrapposizioni temporali. Ha presentato i propri lavori in numerosi festival, musei, gallerie d’arte e spazi atipici in Europa, Asia, Nord Africa e Stati Uniti. Nel 2015 vince il premio Danza&Danza 2015 come “miglior interprete emergente-contemporaneo”. È organizzatrice con Sara Leghissa di Nobody's Indiscipline, piattaforma di scambio di pratiche tra artisti. È artista associata a Triennale Milano Teatro per il triennio 2019/2021.

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