Le università milanesi e il mistero. La biodiversità che non potremo conoscere
Nell’ambito del percorso di approfondimento dei temi di Unknown Unknowns. An Introduction to Mysteries, 23ª Esposizione Internazionale di Triennale, abbiamo coinvolto a partire da giugno 2021 ricercatori, dottorandi e studenti delle università milanesi e la rete delle comunità straniere in una serie di incontri e seminari organizzati e coordinati da Pupak Tahereh Bashirrad, architetto e dottore di ricerca.
A cura di Luca Bonacina e Pietro Tirozzi del corso di Dottorato in Scienze Chimiche, Geologiche e Ambientali dell'Università di Milano-Bicocca, con la supervisione del prof. Andrea Franzetti.
I temi dell'esposizione Unknown Unknowns. An Introduction to Mysteries possono essere letti e interpretati nell'ambito della biodiversità, intesa come insieme degli organismi viventi che abitano e hanno abitato la Terra. L’uomo fin dall’antichità si è occupato di dare un nome alle varietà di esseri viventi cercando di definire i tratti distintivi di ciascun organismo e il grado di “parentela” tra di essi. La prima sistematizzazione del mondo vivente risale ad Aristotele (-343 a.C) che nella Historia animalium elabora una descrizione degli animali secondo una rigida gerarchia lineare basata su dodici livelli di complessità crescente, dalle piante all’uomo, che prende il nome di scala naturae. Lo scalisimo fissista di Aristotele ha un impatto culturale enorme permanendo sino al XVIII secolo quando vengono proposte le prime concezioni trasformiste ed evoluzioniste del mondo naturale.
La classificazione degli animali per Aristotele e nei secoli a venire si basa su caratteristiche strutturali oggettive quali l’anatomia e la fisiologia. Il primo scienziato a realizzare un’ampia classificazione sistematica del mondo vivente è Carl Linnaeus che nel 1758 pubblica Systema naturae in cui vengono raccolte quasi 6000 specie vegetali e 4400 specie animali definite in modo univoco secondo la nomenclatura binomia. La classificazione di Linneo si basa su livelli gerarchici in cui l’unità base è costituita dalla SPECIE, definita dall’osservazione diretta dei tratti morfologici.
Carl Linnaeus, Systema naturae, 1758
Con l’avvento delle teorie evoluzioniste si è compreso che i tratti morfologici non costituiscono un criterio univoco e universale per l’identificazione della specie in quanto essa non è un’entità statica ma muta nel tempo e nello spazio. La gerarchia tassonomica, quindi, è diventata uno strumento per ricostruire anche la storia della vita sulla Terra, ovvero come gli organismi si sono evoluti e differenziati. Attraverso l’osservazione di tracce di vita (fossili, pollini, etc.) è stato possibile conoscere anche organismi viventi estinti e collocarli cronologicamente nell’albero della vita.
Charles Darwin, schizzo di un albero filogenetico contenuto nel Primo taccuino sulla trasmutazione della specie, 1937
Tuttavia, i caratteri morfologici non sono sempre sufficienti per definire le specie poiché vi sono organismi molto simili che però non sono interfecondi e quindi non appartengono alla stessa specie o, al contrario, sono molto diversi ma sono interfecondi. La definizione odierna di specie, formulata da Ernst Mayr (1942), si basa infatti sulla interfecondità e postula che “la specie è rappresentata da quegli individui che incrociandosi tra loro generano potenzialmente una prole illimitatamente feconda”. L’avvento della genetica molecolare e i recenti progressi tecnologici in metagenomica hanno permesso inoltre di estendere la capacità di classificazione della biodiversità prendendo in considerazione anche tutti quegli esseri viventi che sfuggivano all’osservazione diretta e/o che non si riproducono per via sessuata (soprattutto microrganismi). È stato possibile, perciò, conoscere e analizzare organismi viventi molto particolari che per esempio vivono nelle profondità dei mari, nei ghiacci e nei crateri vulcanici studiando il loro genoma. Nelle profondità marine, infatti, si sono manifestate le prime forme viventi e tutt’ora gran parte della biodiversità lì presente è sconosciuta trattandosi di ambienti remoti e poco accessibili con i mezzi tradizionali.
Le tecniche metagenomiche si sono rivelate essenziali anche per ricostruire un nuovo albero della vita che include migliaia di batteri fino a poco tempo fa del tutto sconosciuti e ancora privi di nome scientifico (Candidate Phyla Radiation) (Hug, 2016). Di fatto buona parte del nuovo albero è ancora del tutto sconosciuta: l'evoluzione è ben al di là delle nostre capacità di comprenderla.
Una domanda che è ricorsa spesso nella storia della biologia riguarda la quantificazione della biodiversità conosciuta. Il modo più semplice per dare una risposta è quello di contare le diverse specie che sono state classificate. Un ulteriore passaggio è quello di cercare di quantificare la biodiversità che non è conosciuta cercando quindi di stimare le specie che non sono state ancora osservate e studiate. Sono stati proposti vari metodi che danno risultati approssimativi con un intervallo di incertezza notevole. Attualmente sono conosciute poco meno di 2 milioni di specie mentre quelle stimate vanno dai quattro ai dodici milioni (Mora, 2011).
C. Hinchliff et al. "Synthesis of Phylogeny and Taxonomy Into a Comprehensive Tree of Life", PNAS, 2015
Nel tempo gli esseri viventi si sono succeduti sul pianeta, alcune specie si sono estinte e altre si sono evolute da specie preesistenti. In generale si osserva che la biodiversità tende ad aumentare con il passare del tempo ovvero il tasso di generazione di nuove specie è superiore a quello di estinzione. Vi sono stati però alcuni eventi catastrofici, detti estinzioni di massa, che hanno decimato il numero di specie viventi (almeno ¾ delle specie sono scomparse). Le estinzioni di massa sono state cinque e sono state provocate da cambiamenti repentini delle condizioni ambientali.
Percentuale di specie estinte e cinque estinzioni di massa nel corso della storia della Terra (https://courses.lumenlearning.com/)
Attualmente è in corso la sesta estinzione di massa dovuta, per la prima volta nella storia del pianeta, all’impatto di una sola specie vivente, Homo sapiens. I tassi di estinzione attuali sono comparabili, se non superiori, a quelli del Cretacico, in cui si sono estinti i dinosauri.
Ecco, quindi, che la maggior parte delle specie viventi ancora non conosciute non sarà conoscibile, perché si estinguerà prima che l’uomo le possa studiare e classificare. Homo sapiens, specie che discende dai sopravvissuti delle estinzioni di massa, è attualmente agente di un’estinzione di massa peculiare. L’impossibilità di poter conoscere la gran parte di specie viventi presenti sul pianeta preclude anche la possibilità di ricostruire parte della storia evolutiva del pianeta. Riprendendo le parole del biologo Edward Wilson: “Se un pericolo c’è nella traiettoria umana, non risiede tanto nella sopravvivenza della nostra specie, quanto nel compiersi dell’estrema beffa dell’evoluzione organica: proprio nel momento in cui raggiunge la piena comprensione di sé attraverso il pensiero dell’uomo, la vita condanna a morte le sue creature più belle. E così l’umanità si chiude alle spalle la porta verso il proprio passato”.
Riferimenti bibliografici
1. Aristotele, Historia animalium, -343 a.C.
2. C. Linaaeus, Systema naturae, 1735.
3. E. Mayr, Systematics and the Origin of Species, from the Viewpoint of a Zoologist. Cambridge, Harvard University Press, 1942.
4. L. A. Hug, B. J. Baker,K. Anantharaman, C. T. Brown, A. J. Probst, C. J. Castelle,J. F. Banfield, “A new view of the tree of life”. Nature microbiology, 2016.
5. C. Mora,D. P. Tittensor, S. Adl, A. G. Simpson, & B. Worm, “How many species are there on Earth and in the ocean?” PLoS biology, 2011.
6. A. Barnosky, N. Matzke, S. Tomiya et al. “Has the Earth’s sixth mass extinction already arrived?” Nature, 2011.
7. E. O. Wilson, “The Diversity of Life”. Questions of Science, 1999.